La partenza dall’aeroporto Marco Polo di Venezia è tutto un programma: ad attenderci sulla pista di decollo c’è un vecchio ATR 72-600 a elica di Air Serbia, qualche decina di posti in tutto e le valigie caricate sul davanti, come non avevamo mai visto.
Il volo procede tranquillo e non troppo confortevole (manca l’appoggia testa nei sedili e il rumore di fondo dato dalle eliche è assordante) per poco più di 90 minuti: ad attenderci, una volta superato il Mare Adriatico, una terra nebbiosa (viaggiamo infatti a novembre inoltrato), quasi interamente destinata alla coltivazione agricola, dove a farla da padrone sono il marrone scuro e il verde bagnato dei campi.
Atterriamo nello scalcinato aeroporto Nikola Tesla verso ora di pranzo e, dopo aver passato i controlli assieme a un variegato e colorito gruppo di viaggiatori, ci dirigiamo alla nostra prima destinazione: lo storico Hotel Moskva, in pieno centro città.
Alloggio: Hotel Moskva 🏨
L’Hotel Moskva rappresenta una vera e propria istituzione della capitale serba: qui hanno soggiornato tutti i più importanti personaggi transitati per il Paese, da Einstein a Pavarotti.
Capolavoro di art nouveau di inizio ‘900 ospita al piano terra anche uno dei caffè più rinomati della città, famoso per la torta di ananas, cha abbiamo ovviamente assaggiato e alla quale non possiamo non dare un grande pollice alto.
Dopo esserci sistemati e aver lasciato i bagagli iniziamo subito a esplorare il centro città.
Belgrado ci appare proprio come ce l’aspettavamo: cadente, maltenuta, confusionaria, caotica, con tantissimi palazzi di stili diversi e antitetici tra loro – neoclassico, liberty, razionalista, popolare – l’uno a fianco all’altro, quasi sempre anneriti dal tempo, dallo smog, dal carbone e, soprattutto, dall’incuria.
Quei pochi che hanno avuto la fortuna di poter essere ristrutturati e rinnovati sono invece davvero belli, ma non riescono purtroppo a dare alla città quell’aspetto moderno, autorevole e al passo coi tempi che ogni capitale dovrebbe avere nel proprio DNA.
Percorriamo le vie del centro, tra decine di incomprensibili insegne in cirillico, curiosando tra le poche catene internazionali e i tanti negozi locali, alcuni davvero interessanti (soprattutto le librerie, le gastronomie, le enoteche e i negozi di arredamento), con la pancia che brontola e diretti al ristorante che abbiamo scelto per il pranzo.
Si mangia! Ma Dove? Qui ? Si qui > ? 🍲
Si tratta di una delle kafane (in cirillico serbo: Kафана / Kафане – che in slavo significa locanda tradizionale, dove vengono servite bevande alcoliche e caffè e dove a volte viene suonata musica. La parola kafana deriva dal turco kahvehane, che può essere tradotto come “stanza del caffè”) storiche della città: la Kafana ? (si chiama davvero così, ovvero “punto di domanda”; il suo nome deriva dal fatto che nel 1823 venne aperta col nome di ‘Kafana della Cattedrale’, nome considerato irrispettoso dagli ecclesiastici della capitale; la scarsa fantasia serba fece il resto).
Qui, seduti ai bassi tavolini e circondati da una densa nube di fumo (in Serbia è ancora permesso fumare nei locali e i serbi non sono secondi a nessuno nel consumare una sigaretta dietro l’altra), ci godiamo il primo pasto serbo della nostra vita: un abbondante assaggio della migliore cucina indigena, con assaggi di carne grigliata, peperoni, pane, cavolo, spezie, crauti e cetrioli, il tutto annaffiato da un’ottima birra media locale.
Il caffè domestico (una via di mezzo tra il nostro caffè lungo e il caffè turco) è una vera delizia.
Appagati, usciamo dalla Kafana ? alla volta della fortezza di Kalemegdan, cuore della Beograd più antica.
Lungo la strada costeggiamo la Residenza della Principessa Lijubica (modesta), la Cattedrale di San Michele Arcangelo (ancora più modesta) e l’ambasciata di Francia.
fortezza di Kalemegdan
Saliti alla cittadella la vista è imponente ma non indimenticabile: la città dall’alto è infatti tutto fuorché impressionante, con uno skyline modesto e coperto dalle nubi.
Sono invece i due fiumi che qui confluiscono, il Danubio e la Sava, a farci capire di essere però in presenza di uno dei crocevia più importanti della storia europea: è qui infatti che romani, unni, bizantini, slavi, ungheresi, bulgari, serbi, ottomani si fronteggiarono e combatterono più volte, costruendo e distruggendo avamposti e fortezze sorti – secolo dopo secolo – sulle due sponde.
Il tempo peggiora, e una fitta pioggia inizia a raffreddare la collina su cui sorge la fortezza di Kalemegdan; scendiamo allora alla volta di Dorcol, l’antico quartiere ottomano, dove purtroppo le testimonianze dell’identità turca (in particolare la piccola Moschea Bajrakli e la Tomba di Damad Ali Pascià) sono ormai ridotte al lumino – assorbite, eufemismo per non dire cancellate, dall’edilizia socialista del secolo scorso.
Brootalist time! Cetinjska
Per chi come noi è appassionato di questa tipologia di architettura però in realtà il quartiere è molto affascinante e presenta alcune tappe davvero interessanti, tra una foto di street art e una a inguardabili palazzi socialisti (talmente brootti da fare il giro e diventare quasi intagrammabili): il ristorante fusion Dorcoleta, il Plezir e tutta l’ex zona industriale di Cetinjska, occupata ora da locali notturni e ristoranti.
Ln stile bohémienne di Skadarlija 🧑🎨
Dopo una pausa riscaldante a base di birra e caffè espresso rientriamo intirizziti all’hotel in attesa della cena passando dalla mitologica Skadarlija, pittoresco quartiere in stile bohémienne completamente differente dal resto della città, popolato da artisti e musicisti e sede di numerosi locali per fare le ore piccole.
Per la cena abbiamo deciso di provare un’altra locanda storica, la Srpska Kafana (“trattoria serba” – anche qui grandissima fantasia), molto serba e piena di local, no turisti, dove assistiamo incuriositi al tipico venerdì sera serbo: un’orchestrina di tre elementi che si esibisce in canti popolari e tradizionali accompagna il pesantissimo pasto dei locali che, pasteggiando a rakija, si devono districare tra una moltitudine di antipasti (cevapcici fatti a mano su tutti), zuppe e l’immancabile portata a base di carne e formaggi; una squisita rakija alle prugne (la prugna è pure il frutto nazionale) ci aiuta a superare il freddo e la pesantezza del cibo, concludendo questa nostra prima giornata serba.