Il secondo giorno a Belgrado non può non iniziare con una lauta colazione tipica: salumi, formaggi, peperoni sott’olio o ripieni, olive, l’immancabile ajvar a condire pane di tutti i tipi e formati, piccola pasticceria per la quale il nostro hotel è famoso, il tutto accompagnato da succo d’arancia, melograno o mela e da copiose tazze di caffè nero.
Partiamo a esplorare le aree a ridosso del centro storico: dal nostro hotel basta scendere sulla Balkanska, subito a destra dell’edificio, per essere catapultati indietro di 30 anni; edifici scalcinati con negozi dalle vetrine spesso semi vuote che vendono samovar, cappelli, baklava, pane, vestiti di dubbia fattura ci accompagnano fino alla grande piazza della Stazione Centrale (Piazza Nikola Pasic), dove un enorme monumento a Nikola Pasic (importante politico serbo) fa da contraltare alla locomotiva blu, esposta subito a destra dell’ingresso, con cui Tito percorreva in lungo e in largo l’ex Jugoslavia.
Anche qui, sebbene la piazza sia stata rimodernata con ampi spazi verdi e mezzi pubblici, il quadro d’insieme è abbastanza desolante: i palazzi – lasciati a sé stessi – sono ricoperti di fuliggine e enormi cartelli pubblicitari di agenzie di scommesse, su cui un Gabriel Omar Batistuta visibilmente imbolsito invita gli abitanti a vincere una BMW Serie 1 alla più vicina sala slot.
Con alle spalle la stazione ci addentriamo nell’imponente Nemanjina, dove su ambedue i lati della careggiata, intervallati dai grandi palazzi del potere e da Ministeri, sono ancora presenti edifici sventrati dai bombardamenti NATO del 1999 per punire l’invasione serba del vicino Kosovo.
Proprio qui, su questi palazzi, possiamo iniziare a dare una prima risposta alla domanda con cui abbiamo iniziato questo nostro breve viaggio: diversi striscioni inneggiano infatti ai crimini della NATO, accusata di bombardamenti indiscriminati anche su edifici civili, in una sorta di tragico ribaltamento di quanto stiamo assistendo in questi mesi nella povera Ucraina.
Al termine della Nemanjina arriviamo alla grande Piazza Slavija, probabilmente la più brootta della città, dove ai consueti palazzoni anni ’60 ricoperti dalla solita pubblicità di sale slot si associa un impressionante via vai di automobili; attraversata in modo non semplice la rotonda entriamo nella piccola e intima Svetog Save, con alcuni localini e negozi di vinili davvero carini, che conduce diritta al cuore spirituale di Belgrado: il tempio di San Sava, dedicato a uno dei santi più importanti della confessione ortodossa, enorme, imponente e terminato solamente 20 anni fa (2002).
Lasciato San Sava partiamo all’esplorazione del mercato di Zelenj Venac Pijaca, che si dice essere stato costruito su lapidi ottomane, vera chicca del nostro weekend: superata l’immancabile area occupata dalle classiche cineserie, la parte dedicata ai prodotti della terra in particolare è davvero molto bella e autentica, e si possono fare splendide foto degli enormi cavolfiori, verze, zucche, peperoni, dei banchi di formaggi, uova, salse (tutte rigorosamente fatte in casa, come si può evincere dai barattoli riciclati con le etichette scritte a mano che le contengono), vodka e rakija.
Nel pomeriggio torniamo ad avvicinarci al Centro storico percorrendo l’immenso e lunghissimo Bulevar Kralja Alexandra (Viale del Re Alessandro), per il belgradesi semplicemente il “Bulevar”, 7km rettilinei pieni di negozi, mercerie, locali e ristoranti, facoltà universitarie, parchi, palazzi sovietici, auto … pieno vita insomma.
Passiamo accanto alla chiesa di San Marco, inconfondibile nella sua bicromia giallo-rosso mattone, l’adiacente mini chiesa Russa, sgargiante nei suoi toni blu e verde elettrico in totale contrasto con il silenzio, le candele e le icone all’interno, l’enorme e inquietante Palazzo delle Poste, che pare uscire direttamente da 1984 di Orwell e il Palazzo del Parlamento, ricoperto all’esterno di slogan pro Russia e contro la NATO.
Siamo ormai tornati nella città vecchia, ma non è qui che vogliamo fermarci, nonostante i tanti negozi provino a coinvolgerci nello shopping del weekend: ci dirigiamo infatti sul lungo fiume, per esplorare il nuovo Water Front, fatto di grattacieli residenziali e locali trendy; se da un lato questa zona rappresenta finalmente un barlume di modernità per la sporca e dacedente Belgrado, non possiamo non notare come in realtà vada a omologarla a tutte le altre città figlie della globalizzazione: stessi edifici e stessi locali (dal Buddha Bar ai locali fusion) presenti un po’ ovunque nei quartieri gentrificati di tutte le città del mondo dove sia giunta la speculazione edilizia.
Niente di male, per carità, è che in un posto come Belgrado la cosa stona più che altrove.
Per la cena questa volta optiamo per la zona di Cetinjska, un ex complesso industriale che si sviluppa attorno a un cortile circondato da tanti locali per bere e ballare (a noi è piaciuto molto lo Zakoret).